Il mondo del lavoro sta cambiando, e ha nuove richieste.

Quello che è interessante notare è che questo non vale soltanto per le competenze specifiche (le cosiddette hard skill, che per intenderci descrivono ad esempio quanto ne sa un ingegnere di ingegneria) ma anche (e con rilevanza sempre più grande) per le soft skill, che stanno diventando un asset imprescindibile per i lavoratori del futuro, molto più di quanto lo siano state prima. 

“Soft skill” (o “character skill”, o ancora “non-cognitive skill”), per chi non ci si fosse ancora mai imbattuto, è un termine che indica una serie di abilità di natura socio-emozionale, alla base delle competenze trasversali, che influenzano il modo di pensare e agire (ad esempio determinano come il nostro ipotetico ingegnere, a prescindere dalle sue competenze di ingegneria, risponderà a un problema imprevisto, sarà in grado di collaborare coi colleghi, o gestirà le responsabilità di una nuova mansione).

Ma perché stiamo assistendo a questo aumento di importanza delle soft skill? Questi potrebbero essere alcuni dei motivi principali:

  • Lo sviluppo della tecnologia e l’aumento della meccanizzazione:

Le mansioni più ripetitive e meccaniche sono ovviamente le più suscettibili all’automatizzazione, ed è quindi più che plausibile che in molti ambiti diventino sempre meno richieste, lasciando per contro sempre più spazio e sempre più valore alle capacità strettamente umane come le competenze trasversali e quelle sociali, emotive e analitiche.

  • La necessità di dinamismo:

Le esigenze del mercato sono sempre state mutevoli, ma mai con tanta intensità e rapidità quanto ora. Ci si prospetta un futuro ultra-dinamico, orientato all’innovazione e sempre più ricco di professioni nuove e diverse: si stima che da qui a cinque anni circa un terzo delle competenze richieste in ambito lavorativo sarà legato ad abilità che oggi sono ritenute marginali, e che oltre la metà dei lavori che saranno svolti tra vent’anni devono essere ancora inventati.

Le imprese valorizzano un nuovo modello di basato su elementi come collaborazione e co-creazione, job rotation, ricerca di competenze diversificate e contaminazione costante con realtà differenti.

È per questo che per sfruttare le opportunità di lavoro emergenti e rimanere impiegabili è sempre più fondamentale saper essere adattabili e permeabili alle nuove competenze, valorizzare le capacità trasferibili e avere una mentalità focalizzata sull’apprendimento continuo.

  • La crescente prevalenza del lavoro remoto:

Quella impartita dalla pandemia è stata soltanto un’accelerazione (per quanto intensa) a un fenomeno che già stava iniziando a prendere piede, e che ora pare essere qui per restare. Le ore trascorse in ufficio in presenza di altri colleghi sono solo una frazione delle ore lavorative totali per un numero sempre più alto di lavoratori, e questo porterà a un ripensamento delle modalità a cui eravamo abituati. Il ruolo dell’ufficio non sarà più principalmente quello di un posto in cui svolgere il proprio lavoro, ma soprattutto un luogo in cui ricevere competenze sempre meno tecniche, e per valorizzare al massimo queste (ridotte) occasioni di scambio saranno fondamentali skill come la capacità di relazionarsi con l’altro in maniera costruttiva, di saper ascoltare e lavorare in gruppo.

Se c’è una lezione che le aziende dovrebbero aver imparato dagli eventi degli ultimi anni è che il capitale umano è tanto fondamentale per la tenuta del sistema quanto elementi come tecnologia e know-how.

  • L’aumentata consapevolezza che le soft skill condizionano l’apprendimento e le abilità lavorative:

Il nesso tra abilità cognitive e non cognitive è vero da sempre, e il mondo del lavoro ne sta prendendo sempre più consapevolezza.

La velocità dei cambiamenti, unita alla complessità delle nuove nozioni a cui si richiede ai lavoratori di adattarsi, metterà sempre più al centro la capacità di “imparare a imparare”, e il crescente dinamismo delle situazioni lavorative avvantaggerà i team con solide capacità comunicative e organizzative rispetto a quelli che abbiano dato valore alle sole hard skill.

In conclusione, stiamo notando come sarà fondamentale continuare a studiare come potenziare queste preziose competenze trasversali in ambito scolastico, sociale e lavorativo.

Ma insomma, tirando le somme, quali sono queste soft skill di cui continuiamo a parlare? Non esiste un elenco definitivo e onnicomprensivo, ma possiamo provare a stilare una lista di spunti estrapolati da ciò che tante aziende e istituzioni affermano di considerare prioritario, quantomeno per permettere di farsi un’idea più chiara:

  • flessibilità di ragionamento e adattabilità ai cambiamenti in ciò che le mansioni richiedono;
  • approccio analitico;
  • creatività;
  • permeabilità alle nuove informazioni;
  • capacità di trasferire le competenze acquisite a nuovi ambiti dove potrebbero essere applicabili;
  • mentalità orientata all’apprendimento continuo (alla cui base stanno una sana dose di curiosità e intraprendenza), anche riguardo a nozioni correlate solo tangenzialmente al proprio ambito principale di competenza;
  • capacità di risolvere costruttivamente problemi e conflitti;
  • empatia e intelligenza emotiva;
  • propensione al lavorare in gruppo in modo collaborativo e coordinato, comunicando con chiarezza ed efficacia;
  • disposizione all’ascolto attivo;
  • una buona base di competenze trasversalmente applicabili, come l’alfabetizzazione tecnologica o la padronanza delle lingue.

È interessante notare come buona parte di queste skill sono diverse da quelle che erano richieste tradizionalmente e che ci hanno abituati a inseguire. Capacità come motivazione, attenzione ai dettagli, leadership o gestione del tempo erano menzioni quasi imprescindibili nel profilo di qualsiasi candidato alla ricerca di lavoro, e anche se ovviamente mantengono tutt’ora la loro importanza, sembrano stare passando quasi in secondo piano di fronte alle richieste del mondo del lavoro moderno.

Potrebbe essere estremamente utile dunque tenerne conto quando si deve decidere su cosa cercare di migliorarsi, e cosa valorizzare la prossima volta che ci si trova di fronte alla necessità di presentare un curriculum.


Margherita contò

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